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    LinkBuilding

    Avrai spesso sentito parlare di “link building” come elemento di grande rilievo per garantire un buon posizionamento del tuo sito web sui motori di ricerca.

    Noi pensiamo che il “link building” sia solo uno dei tasselli di una più ampia strategia e la sua importanza venga spesso estremizzata, ecco perché abbiamo creato questo ironico (ma non troppo) elenco di 7 motivi per cui eliminare il termine “link building” dal nostro vocabolario.


    L’attività di marketing sulla ricerca organica si pone l’obiettivo di portare traffico interessato sul sito web. L’acquisizione di nuovi clienti viene generata grazie al traffico qualificato e il traffico qualificato deriva da un buon posizionamento sui motori di ricerca.

    Il buon posizionamento sui motori ricerca è influenzato dalla presenza di link provenienti da siti autorevoli.

    Ma allora perché abbiamo iniziato dicendo che dovremmo smettere di prestare attenzione al “link building”?

    Se la presenza di molti link che puntano al nostro sito porta ad un miglioramento del posizionamento sui motori di ricerca, dovremmo focalizzarci sul “link building”, giusto?

    Questo sembra avere senso fino a quando non si prova a guardare il tutto da una più ampia prospettiva.

    Attenzione, non stiamo suggerendo di smettere di utilizzare i link o di non prestarvi attenzione, semplicemente riteniamo che il concentrarsi troppo sul numero di link acquisiti, possa, alla lunga, risultare controproducente.

    Secondo noi si dovrebbe considerare il “link buildingnon come un processo il cui obiettivo finale è l’ottenimento del maggior numero possibile di link, ma come un percorso virtuoso che si genera in modo naturale quando i contenuti che pubblichiamo risultano originali e suscitano interesse.

    Forget link building. Think link earning.


    Google e il Link Building

    The philosophy that we’ve always had is if you make something that’s compelling then it would be much easier to get people to write about it and to link to it. And so a lot of people approach it from a direction that’s backwards. They try to get the links first and then they want to be grandfathered in or think they will be a successful website as a result.
    -Matt Cutts

    La nostra filosofia  si basa sul presupposto che, se si pubblica qualcosa di interessante, è più facile che le persone ne scrivano o creino link a quel contenuto. In molti partono invece da una direzione opposta: come prima cosa cercano di ottenere link e pretendono di essere salvaguardati o pensano che il risultato di tale attività sarà un sito web di successo.” (Traduzione libera)

    In questa frase Matt Cutts (Head of webspam team @ Google), sostiene che il “link building” non è intrinsecamente malvagio, ma lo diventa quando viene utilizzato in modo scorretto.

    Si entra in conflitto con le logiche che governano i motori di ricerca quando si inizia a pensare all’acquisizione di link come ad un processo, quando ci si concentra sul numero di link acquisiti e si perde di vista il valore del contenuto.

    Riteniamo che questa affermazione sia degna di nota, se non altro perché viene direttamente da Google.


    Indipendentemente da ciò che Google farà in futuro, è opportuno considerare ciò che Google può fare già oggi.

    Sappiamo che la presenza di link che rimandano ad un determinato sito, permette al sito di emergere rispetto a contenuti spazzatura che popolano il web.

    I link sono di conseguenza ancora molto utilizzati perché considerati come uno strumento che permette di misurare la popolarità e l’autorevolezza di una pagina e di un sito.

    Sappiamo che Google va ben oltre i link e gli anchor text. Il motore di ricerca è ormai in grado di capire  quali parole sono legate ad altre e quali brand sono connessi a determinate parole.

    Non sappiamo tutto di Google e dell’algoritmo che utilizza.

    Non è però improbabile che Google utilizzi una combinazione di diversi fattori e fonti di dati (menzioni, link, metriche offline, etc.) per misurare o confermare la popolarità di un sito web.

    Dobbiamo inoltre prendere in considerazione il modo in cui Google misura e valuta pagine con contenuti interessanti, articoli utili, siti web ben fatti.

    Anche i “mi piace” su Facebook, indipendentemente dal fatto che Google ne tenga conto o meno, incidono sul traffico verso il sito web. Nonostante i dati statistici raccolti e i test eseguiti, non possiamo essere del tutto sicuri di quali elementi contino di più per Google e in quali circostanze.

    Allora, perché concentrarsi tanto sul “link building” quando Google sembra basare la propria valutazione su molto più che semplici link?

    Perché farsi ossessionare da un piccolo elemento HTML quando abbiamo capacità e competenze per migliorare le metriche di misurazione delle visite ed aumentare la visibilità del nostro sito web con o senza Google?


    Forse “costruire legami” non è una cattiva idea, a condizione che i collegamenti siano buoni.

    Il problema è che, se anche elencassimo ogni possibile qualità che definisce un “buon collegamento”, ciò che emergerebbe sarebbe comunque un elenco troppo tecnico e poco intuitivo di caratteristiche.

    Non importa quanta precisione e attenzione si metta nel creare la definizione di “link di alta qualità”, ogni persona avrà sempre una propria versione personale del concetto di “link di qualità”.

    Il valore di un link è molto meno intuitivo e più difficile da stimare rispetto, ad esempio, alla visibilità.

    É importante concentrare l’attenzione non sulla semplice attività di costruzione di nuovi collegamenti, bensì sulla valutazione del ritorno effettivo che un link può dare.

    Classifiche, ranking e link sono solo punti di riferimento, un modo per monitorare i progressi sulla via verso il raggiungimento dei nostri veri obiettivi di traffico qualificato e di vendita.


    Chiedere ad altre persone di inserire link, modificare il proprio post, o correggere link esistenti, può sembrare un tantino troppo pretenzioso.

    Ci sono comunque persone che lo fanno, non per egoismo, ma perché il successo delle loro attività viene misurato prima di tutto in termini di link ottenuti.

    A volte la sensibilizzazione del pubblico porta a risultati migliori di quelli ottenuti dal link building. L’instaurare rapporti solidi porta ad una maggiore visibilità, consapevolezza, e – sì – porta anche più link.

    Ma ancora una volta, i link non sono il fine ultimo, sono semplicemente uno strumento per misurare un risultato intermedio il cui obiettivo ultimo è l’incremento del traffico sul sito web e delle vendite.


    Riportiamo di seguito la traduzione libera di un pezzo dell’articolo “7 reasons to remove link building from our Vocabulary” in cui Carson Ward racconta un’esperienza vissuta in prima persona.

    Ci è sembrato un ottimo esempio per spiegare il perché focalizzarsi troppo sul link building rischia di far perdere altre interessanti opportunità.

    Di recente mi è tornato alla mente un progetto di consulenza a breve termine a cui ho lavorato.

    Il cliente in questione era disposto a investire fino a 20.000 $ al mese e il tempo di un dipendente full-time per acquistare e affittare link.

    A seguito di tale attività il ranking era abbastanza solido, ma i miglioramenti erano minimi.

    Il traffico totale generato tramite link a pagamento (per lo più link a piè di pagina) era dell’ordine di poche migliaia.

    La società era talmente avversa al rischio da non voler interrompere tale attività altamente dispendiosa, perché i concorrenti stavano facendo la stessa cosa.

    Per quanto mi ricordi, non siamo mai riusciti a convincere un solo cliente a spendere nemmeno la metà di quella cifra per la produzione di contenuti di qualità o per la ricerca di vera e propria visibilità.

    Anche regalare soldi in giro sarebbe stato un investimento di marketing più efficace di quello che il cliente stava facendo.

    Quale blogger non avrebbe partecipato a un concorso con la possibilità di vincere una macchina gratis?

    Si potevano investire 20.000 $ in un evento per la stampa e generare più pubblicità di quella ottenuta tramite il semplice link building.

    Sono consapevole del fatto che il caso che vi ho raccontato è il secondo o il terzo esempio più estremo di miopia link-centrica, ma non c’è bisogno di guardare molto lontano per trovare altri esempi meno drammatici ma altrettanto validi.


    I risultati che si ottengono enfatizzando l’importanza del link building sono prevedibili: i marketer nuovi del settore, sentono talmente tanto parlare di link building che finiscono per farsi ossessionare dalla necessità di aver sempre più link, fino ad utilizzare link a pagamento.

    Allo stesso modo le aziende sentono regolarmente dire che hanno bisogno di link per ottenere maggior visibilità e di conseguenza fissano obiettivi di link building per i propri dipendenti o per le agenzie con cui collaborano.

    Poi arriva Google Penguin e scatena la sua ira soprattutto su chi utilizza il link building come un processo… e ci ritroviamo qui a chiederci perché è così difficile cambiare la percezione della SEO nel settore.


    Link Building e Strategia SEO


    Fino ad ora abbiamo evidenziato 7 ragioni per cui il termine “link building” andrebbe eliminato dal nostro vocabolario:
    Cosa fare allora?

    Utilizzare una terminologia più corretta e monitorare meglio le metriche

    Modificare le parole che utilizziamo per definire ciò che facciamo ha certamente un impatto minore rispetto al cambiare ciò che facciamo, ma anche la semplice scelta di una terminologia diversa, può produrre un effetto sorprendente.

    Pensare “Cosa possiamo fare per ottenere link?” stabilisce già un vincolo inutile e artificiale che mette in primo piano la creazione del maggior numero di link possibili, limitando inevitabilmente le attività di marketing.

    Sarebbe più opportuno porsi domande tipo: “Cosa possiamo fare per aumentare la visibilità? Cosa possiamo fare per generare traffico più qualificato?”.

    I link rimarrebbero comunque un aspetto della strategia sviluppata per rispondere a queste domande, ma sarebbero solo uno degli elementi e non l’obiettivo primario.

    Inoltre, il monitoraggio costante dei risultati ottenuti e la creazione di report periodici volti a valutare gli impatti prodotti dalle azioni intraprese, permette di migliorare continuamente e di introdurre eventuali misure correttive quando la strategia adottata sembra non funzionare.


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